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“PASTICCIACCIO” DELL’ACCOGLIENZA AI MIGRANTI, LA PROPOSTA DEI “SINDACI WELCOME”
“PASTICCIACCIO” DELL’ACCOGLIENZA AI MIGRANTI, LA PROPOSTA DEI “SINDACI WELCOME”
27 gennaio 2019 · by Redazione Malitalia · in Notizie dall’Italia
SOS ALLA STAMPA:
il “PASTICCIACCIO” DELL’ACCOGLIENZA AI MIGRANTI
LA PROPOSTA DEI “SINDACI WELCOME”
Oggi che i social stanno realizzando il sogno di molti politici – parlare alla gente scavalcando i giornalisti che potrebbero smentirli – non è facile restringere una corretta informazione in un post o in un tweet. Ecco perché questo ampio articolo sul “pasticciaccio” dell’accoglienza ai migranti, senza l’aiuto della stampa, ha le stesse probabilità di essere letto di uno scritto nella bottiglia affidata alle onde: o di un migrante che attraversa il mare su un gommone. Ciononostante il tentativo di lanciarlo va fatto. Anche se a raccoglierlo saranno solo quelli disposti a impegnare 15 minuti per leggerlo e scoprire, così, che la maggioranza degli italiani non sa che dietro una generica “accoglienza ai migranti”, in realtà ci sono sigle – SPRAR, CAS, CPR – che rendono i tipi di accoglienza diversi come il giorno e la notte. Non sa che dietro sigle come CAS e CPR ci sono gli scandali svelati dalla magistratura e ci sono i privati che lucrano sui migranti, dopo averli accatastati in luoghi inospitali, creando insicurezza e insofferenza nei territori dove sorgono. E non sa che sigle come SPRAR, invece, sono sinonimo di un’accoglienza gestita dal pubblico, che conviene innanzitutto agli italiani perché produce sicurezza, ricchezza e nuovi posti di lavoro, a spese, fra l’altro, dell’Europa. Di conseguenza, la gente non sa che il “Decreto Sicurezza” non ha ridotto genericamente l’accoglienza ai migranti: ma ha ridotto solo quella gestita dagli enti pubblici con gli SPRAR, mantenendo in piedi, invece, l’accoglienza gestita dai privati, fonte di speculazione sulla pelle dei più fragili, di violenza e conflitto sociale. Né sa che l’accoglienza con gli SPRAR conviene talmente agli italiani, che molti sindaci hanno firmato un “Manifesto dei Comuni Welcome” per difenderla e suggerire una proposta concreta: se proprio il Governo vuole aumentare la sicurezza e ridurre gli sprechi, perché non riduce al minimo CAS e CPR, mantenendo in piedi e migliorando, invece, l’applicazione degli SPRAR?
Le gente, insomma, deve sapere che su questa brutta Storia ci stiamo giocando il futuro: certo, l’articolo è un po’ lungo… Ma non esistono soluzioni semplici e veloci a problemi complessi. Di qui la richiesta di aiuto, nel divulgarne i contenuti, alla stampa e a chi ha cuore un’informazione responsabile.
MIGRANTI E ITALIANI: ESODO E CONTRO-ESODO
Nel 2017, all’assemblea dei Comuni Italiani (ANCI), il presidente della Repubblica Mattarella, mise in luce una realtà che sta oggi rivelando una grossa contraddizione. Cioè, che mentre molti gridano alla necessità di fermare l’esodo dei migranti diretti in Italia, c’è un’altra Italia – che nessuno ascolta – che grida alla necessità di fermare l’esodo dalle aree interne: «…Non può sfuggire alla nostra agenda il tema delle aree interne e dei piccoli Comuni che amministrano oltre il 50% del territorio nazionale: un patrimonio ambientale, produttivo, culturale di valore inestimabile, decisivo per l’intero Paese. Tremila Comuni sono quasi disabitati, altri scarsamente abitati. Territori non più presidiati, non più coltivati o utilizzati, destinati a diventare da risorsa un problema. Lo Stato è in ritirata da questi territori dove non si produce più ricchezza e, dunque, la gente non può più vivere. Sono questioni non superabili con misure di mero riordino amministrativo. Si tratta di una grande questione nazionale di cui occorre prendere maggiore coscienza per attivare politiche domestiche ed europee. Il nostro Paese non sarebbe più se stesso senza questi beni. »
In effetti, su 8.000 Comuni italiani, quelli “piccoli” sotto i 5.000 abitanti sono 5.400: il 70% del totale che insiste sul 54% del nostro territorio. Il rapporto tra mortalità e natalità rivela indici di spopolamento che portano all’abbandono dei presidi minimi indispensabili per la cura e la gestione del territorio. L’Italia dei “piccoli Comuni”, dunque, rappresenta fisicamente più di mezza Italia e il 26% su media nazionale della sua popolazione: ma la politica non sembra accorgersi di piccoli centri storici e immense distese appenniniche e collinari che si svuotano, in preda all’abbandono, agli incendi e alla desolazione. Un fenomeno che assilla anche l’Europa il cui territorio è per il 92% composto da aree rurali abitate solo dal 19% della popolazione complessiva: ed è aggravato dall’invecchiamento della popolazione e dalla drastica caduta degli indici di natalità. Entro il 2030, l’Europa sarà la regione «più vecchia» del mondo: come nel nostro entroterra, dove Comuni che 10 anni fa contavano 1.500 abitanti, ora ne hanno 200 per lo più over 65. Per questi motivi e non solo per la crisi economica, il welfare dell’Europa – in assoluto, il più avanzato nel mondo – a breve non sarà più garantito. Perciò è inutile illudersi di arrestare grandi fenomeni come migrazioni bibliche, invecchiamento della popolazione e spopolamento dei territori, costruendo muri, chiudendo porti o dando un pezzo di terra a chi fa un figlio in più: perché questi fenomeni non si possono arrestare. Si possono solo gestire: e non alla vecchia maniera, ma con sistemi e politiche nuove.
Ebbene l’opinione pubblica deve sapere che oggi il nostro Paese dispone di strumenti e politiche che – pur senza averlo programmato – possono farci invertire il trend demografico negativo e conservare il nostro Welfare. Come? Grazie all’arrivo di migranti in cerca di una vita migliore che possono aiutarci a ripopolare i piccoli Comuni. Oggi molti sindaci hanno già colto quest’opportunità creando migliaia di nuovi posti di lavoro utilizzando “non i soldi degli italiani”, ma le agevolazioni destinate dall’Europa esclusivamente all’accoglienza. Ma questa opportunità ha una sigla: SPRAR o Sistema Protezione Richiedenti Asilo. E non va confusa con altre forme di accoglienza: come CAS (Centri di accoglienza straordinaria) o CPR (Centri per il Rimpatrio). Perché la differenza tra SPRAR da un lato e CAS e CPR dall’altro è come il giorno e la notte: e purtroppo la maggioranza degli italiani non lo sa.
IL “PASTICCIACCIO” DELL’ACCOGLIENZA
Per i CAS (CENTRI DI ACCOGLIENZA STRAORDINARIA), le prefetture mettono all’asta la gestione dell’accoglienza tra privati: che finora se li sono accaparrati al ribasso su una retta giornaliera di 35 euro (di recente un po’ ridotta, garantendo in cambio solo vitto, alloggio, pocket money e ricariche telefoniche. Nei CAS, dunque, niente personale qualificato, nè attività di integrazione per i migranti che spesso accatastati in luoghi sporchi e inospitali, non fanno nulla dalla mattina alla sera: creando problemi di ordine pubblico e insofferenza sui territori dove sorgono. Quanto ai controlli sulla qualità dell’accoglienza: sono praticamente inesistenti. E quando ci sono, spesso scattano indagini della magistratura. Nelle intercettazioni della più nota – “mafia capitale” – si sente dire “…con gli immigrati nei CAS si guadagna più che con la droga e i rifiuti”. Questo perché la permanenza nei CAS dovrebbe durare il tempo emergenziale (45/60 giorni): ma poichè rappresentano “appalti lucrosi per i privati che li gestiscono”, spesso dura anni. Quanto ai CPR (Centri Per il Rimpatrio) sono addirittura peggio dei CAS: i CPR sono soprattutto carceri per innocenti, colpevoli solo di essere “clandestini”.
Invece, con gli SPRAR (SISTEMA di PROTEZIONE RICHIEDENTI ASILO), i soldi per l’accoglienza sono gestiti dai Comuni che ne sono responsabili anche quando ne affidano la gestione a cooperative selezionate con procedura pubblica. Quanto alla retta giornaliera (39 euro), prevede non solo vitto e alloggio, ma un progetto personalizzato di accoglienza e integrazione di 6-12 mesi in cui quel migrante – anziché far niente nei CAS in attesa del diritto di asilo – diventa “capitale sociale” per il territorio in cui è ospitato: sia perché viene “impegnato” sul territorio (studia, lavora, ecc.); sia perché per il suo progetto di integrazione le cooperative utilizzano personale italiano qualificato: psicologi, educatori, mediatori culturali, coordinatori, addetti alla rendicontazione economica, ecc.
Al di là dei motivi etici a sostegno della solidarietà, gli SPRAR rappresentano, quindi, nuove opportunità di lavoro per gli italiani e uno strumento per rifiutare centri CAS sul proprio territorio. E poichè il regolamento SPRAR consente di accogliere anche solo 2,5 migranti ogni 1.000 abitanti, in un Comune di 5000 abitanti bastano 3 o 4 famiglie di emigranti per cambiare la vita del paese: com’è accaduto a suo tempo a Riace e di recente a Petruro Irpino, Roccabascerana, Chianche, Santa Paolina, Pietrelcina, Castelpoto, Torrecuso, Baselice, San Bartolomeo in Galdo, Sassinoro, Campolattaro, San Giorgio La Molara, San Marco dei Cavoti, Larino, San Giorgio del Sannio, ecc. In alcuni di questi Comuni del Sannio e dell’Avellinese, la scuola chiusa per scarso numero di bambini, è stata riaperta accogliendo 3 famiglie di migranti con figli. Dove il sindaco da anni non trovava i fondi per aggiustare le strade, ci è riuscito utilizzando i migranti inseriti nei progetti SPRAR. Anziani rimasti soli in case vetuste e destinati a finire negli ospizi, hanno accolto famiglie di migranti che, integrati nel paese, in cambio hanno restituito loro il senso della vita. Questo e altro sta accadendo con l’accoglienza diffusa degli SPRAR in varie parti d’Italia e non solo nel Sannio e nell’Avellinese, i cui Comuni sono citati qui solo per una prerogativa: si sono messi in rete dandosi regole di accoglienza contenute nel “Manifesto dei piccoli Comuni Welcome” per garantire sicurezza e apertura delle loro comunità a tutti i portatori di “fragilità” – fisica, psichica, economica, sociale – sia italiani che stranieri. Una rete nata nel Sannio e nell’Avellinese, perché spesso dove la malattia è più grave, si sviluppano più anticorpi: dopo “mafia capitale,” il più grosso scandalo CAS è avvenuto qui, con la complicità di funzionari prefettizi e di un consorzio di cooperative che ospitava più di 1000 migranti.
“L’ITALIA CHE NON TI ASPETTI”
Questa rete di “Comuni Welcome” – sostenuta in primis da Caritas e ANCI – ha varato altre due iniziative per colmare i vuoti di informazione sull’accoglienza. La prima è un camper che sta girando “l’Italia dei piccoli” per spiegare ai sindaci come si fa il Welcome e perché conviene con gli SPRAR. La seconda, è un piccolo ma prezioso libro intitolato “L’Italia che non ti aspetti” (editore Città Nuova) in cui i risultati dell’accoglienza ben fatta sono proiettati sullo scenario italiano, europeo e mondiale delle grandi migrazioni, dell’invecchiamento della popolazione e della diminuzione delle nascite. E in quest’analisi ricca di dati, intuizioni e sorprese, ce n’è una che colpisce: la nostra unica possibilità di conservare un welfare avanzato ma economicamente sostenibile, è superare il “vecchio Welfare” basato sull’assistenzialismo – cioè, il welfare dei cronicari per disabili gravi, dei nuovi manicomi sorti in cliniche private convenzionate, dei detenuti che affollano le carceri, dell’accoglienza in CAS e CPR per migranti – per mettere a frutto il meglio del nostro “nuovo Welfare” nato dalla cultura inaugurata da Franco Basaglia che cancella il manicomio come luogo “a scambio zero” per ripristinare lo “scambio” con la città. Infatti, è proprio grazie al superamento della cultura manicomiale della separazione, della segregazione, dell’assistenzialismo dispendioso quanto inefficace nelle grandi strutture, se l’Italia del 2019 dispone di leggi per un welfare innovativo e sostenibile basato sullo “scambio”, su nuovi legami di comunità, su “imprese sociali” che reinvestono i loro profitti nella società, su comunità alloggio, case famiglia, “progetti personalizzati” di recupero per detenuti, disabili, anziani e, da ultimo, per migranti con gli SPRAR. Così, per esempio, è nato a Benevento il Consorzio di cooperative sociali “ Il Sale della Terra” che produce benessere per 4 milioni annui (tutti reinvestiti sul territorio) grazie a 220 lavoratori regolarmente assunti: dei quali, il 50% sono italiani residenti nelle Terre del Welcome dove lavorano per lo sviluppo locale con finanziamenti destinati agli SPRAR, all’agricoltura sociale e ai progetti personalizzati per disabili, anziani ed ex detenuti; mentre nell’altro 50%, ci sono 13 lavoratori provenienti dal mondo del carcere, 30 con disabilità psichica o fisica, 7 migranti assunti come mediatori culturali e operatori sociali e 3 come operai agricoli.
Un’esperienza descritta da “Rai News 24” in un filmato di 15 minuti più illuminante di 1000 parole. (http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Accoglienza-integrazione-e-sicurezza-il-modello-vincente-degli-Sprar-755935d7-a2d0-4d49-b931-5b5fc42e4a7a.html )
LE VERE CONSEGUENZE DEL DECRETO SICUREZZA
Ebbene, l’opinione pubblica ha il diritto di sapere che il cosiddetto “decreto Sicurezza” non ha ridotto genericamente l’accoglienza ai migranti, ma ha ridotto solo l’accoglienza con gli SPRAR – che conviene a tutti gli italiani – mantenendo quella con CAS e CPR che li danneggia e favorisce spesso la malavita organizzata. Gli SPRAR, infatti, ora non sono più destinati ai “richiedenti asilo” ma solo a chi ha già lo status di protezione internazionale: il che non farà sparire i migranti per incanto, ma li obbligherà a rimanere per i mesi o gli anni necessari ad ottenere tale status in strada o nei CAS a fare nulla. Quanto ai migranti cui ora è stato negato il riconoscimento di “condizione umanitaria per estrema precarietà di vita nel paese di origine”, finiranno chissà dove. Così avremo 60.000 nuovi irregolari in Italia, che non potendo neanche stipulare un contratto di lavoro, lavoreranno in nero: a danno del welfare italiano e a vantaggio del caporalato. Per questo, dalla Sicilia, alla Sardegna, al Friuli Venezia Giulia, sono in atto iniziative di protesta, raccolte di firme e una rivolta di “sindaci Welcome” la cui disobbedienza civile ha una valenza etica ufficialmente riconosciuta anche dai vescovi su Avvenire: (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/sicurezza-e-migranti-ecco-cosa-dicono-i-vescovi?fbclid=IwAR1I0CgiyCz6LJtUakHIZ5O81aEnqujy1tEgjKo95v25Mv1QQDXR3T3sfcM
LA TESTIMONIANZA DEI SINDACI
“Ho sempre rifiutato i CAS sul mio territorio ed esteso gli SPRAR anche ai minori. Il risultato è che oggi Palermo è una delle città più sicure d’Italia grazie alla buona accoglienza ai migranti: se qui un musulmano delinque, è la stessa Comunità musulmana a denunciarlo. E grazie ad alcuni bengalesi, sono stati arrestati 10 italiani che pretendevano il pizzo. La verità è che chi ha rischiato di morire in mare, nel deserto o sotto tortura per ottenere una vita migliore, se riesce a conquistarla fa di tutto per difenderla”, dice Leoluca Orlando, sindaco di Palermo e primo firmatario del Manifesto dei “Comuni Welcome”. Anche a Bortigiadas, in Sardegna, il sindaco ha dichiarato che “farà di tutto per sostenere gli SPRAR a spese del Comune, pur di non gettare sulla strada decine di italiani e di stranieri”. Mentre a Trieste dove “l’economia dell’accoglienza è un’economia del territorio”, già si valutano le perdite per la riduzione degli SPRAR: 1200 posti di lavoro, 400mila euro di abbonamenti bus all’anno, decine di contratti di affitto e centinaia di altre attività connesse all’accoglienza.
Senza SPRAR, dunque, meno sicurezza, meno lavoro per gli italiani, ma anche meno futuro. Perchè questo “Welcome di comunità” rappresenta oggi, ciò che erano le fabbriche ieri: il patrimonio dell’Italia e l’unico strumento per gestire grandi fenomeni storici – quali migrazione, invecchiamento, denatalità, spopolamento dei territori – generando nuovi posti di lavori, nuove entrate fiscali per welfare e pensioni, nuovi legami di comunità e, quindi, benessere e pace sociale. Il tutto partendo dall’Italia “dei piccoli” ancora ricca di risorse e voglia di crescere che non viene mai presa in considerazione quando si decidono le strategie del domani e che, però, arrangiandosi da sola, oggi sta svendendo il suo e il nostro patrimonio: gli abitanti dell’entroterra siciliano, infatti, hanno messo in vendita le proprie case a 1 euro, agli europei che si impegnano a ristrutturarle.
E allora, concludendo con una proposta concreta lanciata da quest’ “Italia che non ti aspetti”: se proprio il Governo vuole aumentare la sicurezza e ridurre gli sprechi, perché non riduce al minimo CAS e CPR, mantenendo in piedi e migliorando, invece, l’applicazione degli SPRAR?
Firmato : Serena Romano
(Giornalista, Presidente dell’associazione di familiari sofferenti psichici “La Rete Sociale onlus” e della Fondazione “Per i più fragili” – mail : serena.romano2010@libero.it )
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